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Africa

  • Mostra
  • 2 Ottobre 2003 - 16 Febbraio 2004

Scoprire l’Africa a Torino, la sua stupefacente storia e cultura, nelle sale che ospitano la più vasta mostra dedicata in Europa ai capolavori di 3000 anni d’arte africana.
Questa l’occasione offerta dalla Galleria d’Arte Moderna dal 2 ottobre con la mostra “Africa. Capolavori da un continente”.



Promossa dalla città di Torino, dalla Fondazione Torino Musei e da ArtificioSkira, sostenuta dalla Compagnia di San Paolo e ospitata nella sede della GAM che per l’occasione dedica molte delle sue sale alla mostra, curata da Ezio Bassani alla guida di un importante Comitato Scientifico, essa presenta in 4 sezioni oltre 400 opere, provenienti da tutte le maggiori collezioni d’Europa, America e Africa, raccogliendo così la stragrande maggioranza dei capolavori di arte africana conosciuti fino ad oggi.
Quattro sezioni dunque, allestite su tre piani della Galleria, ciascuna delle quali potrebbe essere singolarmente una rilevante manifestazione culturale, ma che tra loro connesse cercano, forse per la prima volta, di fondare un percorso coerente di Storia dell’Arte Africana.



La prima sezione è dedicata all’arte antica, la meno nota e la più stupefacente per tutti coloro che non ne sono esperti.

Nell’immaginario collettivo infatti l’Africa si associa principalmente a termini quali “primitivo” “tribale”, all’organizzazione sociale del villaggio, ad espressività primordiali.
Ma basta per un solo istante far riaffiorare alla memoria l’antico Egitto e riconoscerne il carattere di impero africano, perché tutto diventi più chiaro, e le civiltà e culture sviluppatesi nel corso dei secoli appaiono nella loro luce reale.

Il visitatore è dunque accolto da sculture in terracotta, della regione di Nok in Nigeria, realizzate fra il sesto e il settimo secolo prima di Cristo. Sono capolavori tangibili di una grande e sofisticata civiltà, totalmente ignota fino a poche decine di anni fa, che dominò per circa 15 secoli l’area dell’odierna Nigeria, area in cui si sarebbero in seguito sviluppate il potere della città di Ife e il grande Regno del Benin. Il prestito straordinario concesso dal Museo Nazionale di Lagos consente di ammirare le meravigliose sculture di bronzo, di una impressionante classicità, che fecero ritenere all’inizio del secolo al grande archeologo tedesco Frobeuius, che potessero essere solo la testimonianza dell’esistenza di artisti classici, forse greci, forse provenienti dalla misteriosa Atlantide.

Dai maggiori musei d’Europa, Vienna, Berlino, Monaco, Lipsia, Liverpool le sale successive presentano i sontuosi bronzi del Benin, il più grande e ricco regno africano, “il paese dell’avorio e del leopardo”, giunte in Europa a seguito della razzia compiuta nel 1887 dal corpo di spedizione inglese. Si potranno ammirare i capolavori assoluti di quest’arte, tre delle quattro teste di regine esistenti al mondo, i nani, il cavaliere, due leopardi, la piccola straordinaria testa di leopardo in avorio, le zanne di elefante di oltre due metri le cui incisioni raccontano la storia del re cui sono dedicate.

La potenza dei regni, la ricchezza dei materiali, la sontuosità delle decorazioni, si trasformano all’improvviso nelle tre sale seguenti nella più astratta, pura ed emozionante spiritualità delle sculture lignee dei popoli della Falesia, i Dogon. Anch’esse datate fra l’undicesimo e il quindicesimo secolo, cariche di una forte tensione emotiva, queste opere esprimono la creatività di artisti che contro il dilagante potere dell’Islam, rifugiandosi nelle zone più aspre ed impervie, conservarono le proprie radici e le proprie tradizioni, senza re, senza ricchezze, senza armi.

Nella seconda metà del ‘400, contemporaneamente alla scoperta dell’America, l’Occidente europeo e cristiano scopre anche l’Africa fino ad allora conosciuta solo dalle sue sponde mediterranee. Lasciate agli Spagnoli le Americhe , i Portoghesi aprono vie commerciali in Africa.

Le corti europee, i ricchi, i mercanti fanno a gara per collezionare opere di arte decorative di avorio, il nuovo tesoro che rivaleggia con l’oro dell’Eldorado.

La seconda sezione della mostra allinea nelle sue vetrine la più importante, vasta, sorprendente selezione di avori afro-portoghesi che mai sia stata presentata. I cucchiai delle collezioni medicee, il Corno della Biblioteca Reale di Torino, le saliere della corte degli Asburgo, gli Olifanti dei re africani dai musei di Berlino, Liverpool e Dresda. Incisioni finissime, gioielli realizzati dagli artisti africani su committenza europea, con iconografie derivanti da incisioni, libri, modelli europei di cui Ezio Bassani ha ripercorso la storia in tre decenni di lavoro e di studio che ne hanno fatto il massimo specialista al mondo.


La spoliazione dell’Africa e la tragedia epocale dello schiavismo sono il lungo tunnel da cui emergerà, sul finire del XIX secolo la conoscenza di una espressione artistica che, cambiando la storia dell’arte occidentale, consentirà anche una nuova “scoperta dell’Africa”.

La terza sezione della mostra, che a questo tema è dedicata, ospita in cinque sale una raccolta di capolavori dei maestri del XX secolo di altissimo livello. Picasso, Testa di donna dagli occhi grandi, Modigliani, Cariatide, Brancusi, Musa addormentata, Derain, Figura accovacciata, Matisse, Jazz, Moore, Figura seduta, Leger, La creazione del mondo, e poi Laurens, Lipchitz e, per la prima volta da quasi un secolo le piccole statuette attribuite a Gauguin e da cui tutto cominciò nel 1889 all’Esposizione Universale di Parigi.


Paul Guillaume, mercante e amico di Modigliani, Picasso, Braque, Derain, nella conferenza che tenne a New York per la prima mostra in USA di arte africana delineò con straordinaria lucidità le qualità degli artisti africani e la deflagrazione che produssero nell’avanguardia parigina, e da allora ebbe inizio un sofisticato collezionismo in Europa e in America che portò nei grandi musei, da New York a Londra a Parigi a Bruxelles i capolavori della scultura africana, maschere, statue, feticci.

La quarta sezione è dedicata a queste opere, circa 120, prestate per l’occasione dal Metropolitan Museum di New York, dal Detroit Institute of Art, dal Minneapolis Institute of Art, dal Musée Royal de l’Afrique Centrale di Tervuren, per non citare che i maggiori, e dalle più prestigiose collezioni storiche europee ed americane.

Se, come magistralmente spiega Guillaume, i valori estetici delle opere sono eccezionali, la mostra ha l’ambizione di non cancellare la “diversità” della creazione artistica africana.
L’opera dell’artista africano non è e non può essere imitazione del reale, anche quando essa è totalmente realistica, e da essa proviene una potente forza espressiva.

Proprio per questo motivo la mostra offre due novità che ne aumentano il valore emotivo.

Uno dei maggiori scrittore africani, Amadou Kourouma, recente vincitore in Italia del premio Grinzane Cavour, ha accettato di scrivere un testo per la mostra, articolato, al modo dei cantastorie tradizionali africani in cinque véillés, una introduttiva e una per ciascuna sezione. La sensibilità di un grande artista africano accompagna il visitatore lungo il percorso aiutandolo a percepire le diversità, accompagnato in alcuni punti dalla musica assemblata e composta per la mostra stessa da Nicola Campogrande.


Il ricco catalogo pubblicato per l’occasione ospita scritti illuminanti dei maggiori specialisti mondiali dei diversi settori che la mostra mette in luce, da Ezio Bassani a Stefan Eisenhofer, da Jean Louis Paudrat a Anne Bouttiaux, a Ferdinando Fagnola. Oltre a illustrare a colori tutte le opere esposte è ricco di apparati e referenze.

La mostra si inaugurerà il primo ottobre e sarà aperta al pubblico dal 2 ottobre 2003 al 15 febbraio 2004